Lo stato dell’arte della accoglienza nel convegno organizzato a Bergamo da Italia a Tavola

Innovazione deve fare rima con formazione: questo è  il punto di partenza emerso durante le due giornate di analisi e approfondimento organizzate in occasione della decima edizione del premio Italia a Tavola. Alberto Lupini, inflessibile ideatore degli incontri, punta l’attenzione su un sistema scolastico professionale spesso deficitario che in molti casi non riesce più a rispondere con efficacia alla richiesta di figure preparate e competenti. L’iscrizione all’istituto alberghiero deve essere una scelta, non un ripiego per chi rifugge dallo studio; deve essere motivata dal reale desiderio di intraprendere un percorso lungo e impegnativo, con un minimo di predisposizione. Del resto, è ciò che succede in tutte le professioni: si studia negli anni delle superiori, poi all’università e spesso anche dopo con corsi post laurea. Da qui l’esigenza e la volontà di creare un corso universitario  in Scienza della Cucina: la CAST di Brescia (interamente privata)  ne sta definendo i parametri da circa due anni e conta di varare il primo  nel 2019. La formazione non riguarda però solo i più giovani, al Cooking Lab della Agnelli, azienda leader nella produzione degli strumenti di cottura, si approfondiscono per i cuochi i temi della gastronomia iniziando proprio dalla padella: adeguata, rispettosa e parte integrante della cucina regionale italiana.

La competenza di chi esce ora da un alberghiero è sbilanciata verso una cucina innovativa ma a volte manca delle  basi, come gli impasti per esempio. Enrico Cerea, tre stelle Michelin con un azienda al primo posto in Italia per fatturato, lo spiega bene nel suo intervento: “Arrivano da noi ragazzi che sanno molto sulle spume ma se chiedi loro di impastare sono in difficoltà”.

Verrebbe da dire che se mancano i fondamentali difficilmente si può riuscire a costruire una nuova classe di professionisti con una solida preparazione sulla quale sviluppare le competenze più diversificate. Perché, se da una parte l’Italia è la meta eccellente del turismo enogastronomico, l’accoglienza non è sempre di livello. Accogliere un ospite in un ristorante o in un hotel comporta una serie di azioni che devono essere codificate secondo norme precise e corrette: dalla sanificazione dei tessuti alla conservazione dei cibi, dalla risposta al telefono o mail alla corretta gestione della sala, dalle procedure nel trattare le materie prime all’ interazione con i social e le critiche on line. La correttezza dei passaggi  non può mancare in nessuno degli aspetti del mondo ristorativo e/o alberghiero, indipendentemente dalla tipologia di locale.

La tecnologia può aiutare molto ma il suo utilizzo, come per tutto il resto, deve arrivare da personale formato. Inutile avere migliaia di euro di attrezzature in cucina se non si riescono o non si sanno usare in tutte le loro funzioni, guai a dire ‘abbiamo sempre fatto così’. Giovanni Zambonelli, presidente degli albergatori Ascom Bergamo, ha sottolineato il cambiamento che negli ultimi 30 anni ha rivoluzionato l’uso del telefono negli hotel; ora è un semplice citofono che usiamo per ordinare un caffè in camera o per farci chiamare un taxi. Allo stesso modo le tariffe delle camere non  sono più graniticamente fisse ma gli addetti a questa mansione si avvalgono di sistemi e programmi che consentono ad un hotel di stare sempre sul mercato.

Le blockchain sono il futuro? Carlo Vischi di HFarm assicura di sì  perché offrono la sicurezza di transazioni saltando passaggi obbligati attraverso terzi che non siano chi vende o chi acquista un servizio on line.  Il fattore umano, lo si evince facilmente,   non è sostituibile perché il contatto emozionale che si genera andando a cena in un locale o soggiornando in albergo avviene proprio grazie alle persone che vi lavorano, alla loro competenza e alla loro capacità di appianare ogni più piccola difficoltà come se non fosse mai esistita. Poi se in tremila, uno dopo l’altro, chiediamo al concierge l’orario della funicolare per salire in Bergamo Alta va benissimo che a rispondere sia il robottino della Jampaa

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FAVE E FEGATO

Un piatto spesso presente sulla mia tavola di bambina: una portata unica, ricca, nutriente e al tempo stesso facile da fare, ecco come:

Tempo di realizzazione: 1 ora ½  tra la mondatura delle fave e la cottura.
Ingredienti per 4 persone: 3 kg di fave fresche – due o tre piccole patate – olio extravergine – sale q.b. -quattro fette di fegato di vitello freschissimo – due noci di burro – salvia – pepe q.b.

Procedimento:
Sgranate le fave fresche, mettetele in un tegame di terracotta (se l’avete, altrimenti un antiaderente), copritele di acqua fredda e portatele a bollitura. Scolatele e rimettetele a cuocere con altra acqua, salate e aggiungete le patate a tocchi. Fate bollire a fiamma bassissima fino al totale assorbimento dell’acqua. Intanto mondate le vostre fette di fegato togliendo la pellicola. Direttamente nel vostro tegame aggiungete l’olio di oliva extravergine alle fave e cominciate a mescolare molto velocemente; se la cottura è giusta a poco a poco le fave diventeranno una purea soffice. Scaldate i piatti. Prendete una padella, fate spumeggiare il burro con le foglie di salvia e cuocete il fegato mezzo minuto per parte. Salate e pepate. Preparate i piatti caldi con un letto di purea di fave e poi adagiate il fegato e la salvia croccante. Servite.