Hotel Lac Salin a Livigno: la Stua da Legn per la proposta vegana e vegetariana

La reception

Il cammino imprenditoriale della famiglia Giacomelli, iniziato nel 1962 con il primo hotel – il Concordia, è un insieme di singole realtà il cui filo conduttore è equamente diviso tra il bello esteriore, quindi la moda con Lungolivigno Fashion, e il benessere interiore con l’attenzione all’ospite negli hotel del gruppo. Uno, in particolare: il Lac Salin Spa & Mountain Resort. Un po’ di storia: questa struttura viene acquisita dalla famiglia circa trenta anni fa, passa rapidamente di classificazione da tre a quattro stelle e nel 2020 è integralmente riprogettato seguendo un disegno ben preciso, quello del benessere, dell’equilibrio ambientale e del facilitare il rapporto tra ospite, natura, struttura e ristorazione. Prima di descrivervi le proposte culinarie, due parole sull’hotel e i suoi servizi: il personale che vi accoglie è sorridente e cordiale, Rebecca l’Hotel Manager è gentilissima, le camere sono accoglienti, i materiali utilizzati sono stati studiati con cura e l’equilibrio visivo e tattile che ne deriva è estremamente armonioso. La Spa, di 1200mq, oltre a tutto ciò che si può desiderare, ha una meravigliosa ‘farmacia delle erbe’ locali, dove Valentina, la Spa Manager, attinge di volta in volta per le preparazioni da utilizzare nei trattamenti, composte al momento e secondo le necessità dell’ospite.

L’idea di benessere non si arresta alla cura del corpo ma continua con la nuova proposta di uno dei ristoranti dell’hotel: il raccolto, e dedicato alla carta vegetariana e vegana, Stua da Legn. Lo dico da onnivora convinta, che ama tutti i tipi di carne e pesci possibili, senza tralasciare nemmeno i formaggi: mi è piaciuto molto. Comincio col dire che era la serata dell’inaugurazione, con una cena a quattro mani tra Andrea Fugnanesi, giovane cuoco non ancora trentenne che guida la ristorazione di Lac Salin, e Gianni Tarabini de La Preséf, bistellato assai conosciuto.

Andrea mi dicono sia vulcanico nelle sperimentazioni e nelle proposte e, partendo dalle erbe spontanee che colorano e profumano la piana di Livigno in questa stagione, ha costruito una serie di piatti che in parte riprendono quelli tipici del luogo e altri che ne ripercorrono solo alcuni aspetti. Nascono quindi gli Sciatt col fiore di trifoglio, quello rosa però, che addirittura abbiamo raccolto nei prati insieme alla Menia e all’Ersilia, le custodi dei segreti delle erbe e dei rimedi. Nasce il Borsat della Stua da Legn, non più di carne di pecora cotta insieme al suo grasso in una sacca di pelle dello stesso animale, ma rapa rossa abbracciata da erbe  e con un cuore tenero. Da non mancare: la lattuga alla brace con zucca e la proposta Origini e Ricordi, un omaggio alle origini campane del giovane chef, una pasta mista (mescafrancesca appunto) con crema di patate e bitto. Di Gianni Tarabini il mio preferito è stato il risotto con le castagne affumicate, magnifico.

Il mio suggerimento: tutti ci meritiamo un fine settimana qui, tra natura, spa e buona tavola ma, leggendo il bellissimo Leina da Saor, apprezzerete ancora di più ogni singolo minuto. Suggerimento numero due: la borsa che trovate in camera per la Spa è bella da portare ovunque. Chiedete tutto alla reception.

Livigno si propone non più come meta solo sportiva per l’inverno o l’estate, lontanissimi ormai i tempi in cui si veniva fin qui per i cosiddetti articoli extradoganali. La cittadina va sempre più offrendosi come località dove stare bene tutto l’anno, oltre l’accoglienza e la pratica sportiva (qui potete davvero fare di tutto dall’equitazione alla canoa, passando per il trekking, la bicicletta, il parapendio e lo yoga). Anche un pigro assoluto qui può trovare una attività che lo stuzzichi e lo inviti a muoversi, non fosse altro che per godersi due ore in SPA dopo la fatica.

Info: https://www.lungolivigno.com

Hotel: https://www.lacsalin.com/it

Livigno: https://www.livigno.eu

Irresistibile.

La Focaccia di Recco è irresistibile: potete anche fare una classifica tra le focaccerie che fanno parte del ‘Consorzio della Focaccia di Recco col formaggio’ IGP per stabilire quella che vi piace di più ma sempre irrefrenabile sarà il desiderio di mangiarne ancora. Se insieme alla focaccia si ha la fortuna di gustare prodotti DOP e IGP che arrivano da tutta Italia, è fatta. Questo, in sintesi, l’intento di “Fattore Comune”, un incontro di prelibatezze giunto, venerdì 17 novembre, alla sesta edizione: far dialogare tra loro produttori e istituzioni, portando sul tavolo le difficoltà di tutela, le problematiche di diffusione (quasi sempre queste produzioni sono piccole o piccolissime) e illustrando i percorsi fatti, creandone di nuovi tesi a promuovere, legando tra loro, queste eccellenze vere della gastronomia italiana. Ho assaggiato salumi, formaggi, vini provenienti da tutta Italia e tutti accomunanti dalla produzione manuale, come la burrata o lo zafferano. Molto spesso ci si dimentica che nella produzione alimentare, a maggior ragione nelle DOP e nelle IGP, la mano dell’uomo è fondamentale, frutto di sapere che si trasmette nel tempo, e non può e non deve essere sostituito da macchine. Costa di più? Bene, la qualità si paga ma ripaga, sempre. Questi i protagonisti, tutti rigorosamente assaggiati:

Dalla Puglia: Burrata di Andria I.G.P.

Dall’Abruzzo: Zafferano dell’Aquila D.O.P.

Dalle Marche: Casciotta d’Urbino D.O.P.

Dal Piemonte: Asti D.O.C.G.

Dall’Emilia Romagna: Salumi D.O.P. Piacentini

Dal Piemonte: Crudo di Cuneo D.O.P.

Dalla Liguria

Rossese di Dolceacqua D.O.C.

Focaccia di Recco col formaggio I.G.P.

ASSAGGIA LA LIGURIA: 

Basilico Genovese DOP, Olio DOP Riviera Ligure, Enoteca regionale della Liguria e, in anteprima, le OLIVE TAGGIASCHE LIGURI, per le quali si sta avvicinando il marchio IGP.

Il mio suggerimento: andare a Recco, mangiare la foccaccia col formaggio IGP, camminare sul lungo mare, visitare il suggestivo Santuario Nostra Signora del Suffragio ma soprattutto capire come mai Recco è così diversa da tutte le altre cittadine costiere. Per comprendere il moderno sviluppo urbanistico di Recco bisogna ripercorrere la storia recente: esattamente 80 fa, il 10 novembre, gli Alleati iniziarono a bombardare la città con l’intento di abbattere il ponte della ferrovia. I bombardamenti si conclusero solo il 28 giugno del ’44 dopo ben 27 incursioni. Una città quasi totalmente distrutta che ha visto cancellata, in sette mesi, una storia millenaria e che, rapidamente ricostruita, non ha perso la sua identità di cibo, di profumi, di colori, di mare e di carattere.

Giornata della Ristorazione 2023

Il 28 aprile, promossa dalla FIPE, si è tenuta la prima edizione della Giornata della Ristorazione Per la Cultura della Ospitalità Italiana: lo sapevate, ne avete sentito parlare? Non molto? Vi racconto del Convegno che si è tenuto a Bergamo, organizzato da Ascom. Permettetemi una premessa: la città di Bergamo è una novellina nel mondo delle destinazioni turistiche e lasciatemi dire, ora indosso la giacchetta della guida turistica di lungo cammino, qui c’è ancora tanto da fare. Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio, ha aperto presentandoci i dati raccolti nelle strutture di pernottamento: una piccola indagine rivolta soprattutto al mondo della enogastronomia, dove le risposte prevalenti sono state quelle dei turisti stranieri. Per questi ospiti oltre all’apprezzamento per la città, la voce interesse ed importanza dell’enogastronomia comincia ad avere percentuali di rilievo. Come dire che la visita ad una città, una regione, diventa più completa e goduta se accompagnata da proposte enogastronomiche di valore, evidentemente locale. E qui sta la chiave di tutto, puntualizzata anche da Roberta Garibaldi, docente universitaria di Tourism Management: Bergamo è passata da pernottamenti e presenze in città con prevalenza business ad un crescente interesse di meta d’arte, cibo e vino. Petronilla Frosio, presidente del Gruppo ristoranti Ascom, centra il punto sulla crisi della ristorazione: dalla mancanza del personale alla sostenibilità economica. Non solo, si parla spesso di prodotti ma mai di ricette; deve esserci orgoglio nel recupero del cibo tradizionale, serve considerare il mondo complesso della ristorazione non solo dal quel 2% di ristoranti stellati, ma da quelle migliaia di esercizi che ogni giorno accolgono i loro clienti. L’intervento di Mauro Carbone, direttore del Centro Nazionali Studi sul Tartufo di Alba, racconta dell’esperienza delle Langhe dove 500 produttori di vino si sono posti l’obiettivo di far diventare Alba e il suo territorio come La Meta per chi vuole bere grandi vini e gustare una cucina spettacolare.

D’accordo, Bergamo non ha il tartufo e nemmeno il barolo ma c’è talmente tanto altro! Chi visita la città per la prima volta ne è sorprendentemente incantato, vive davvero una, due, tre giornate uniche, un turismo che si consuma a piedi, che chiede dove sono i sentieri sui colli, che esige di mangiare e bere del territorio. Fortunatamente si allontanano sempre di più gli anni in cui certi ristoratori di Bergamo Alta proponevano vini toscani o piemontesi per accompagnare i casoncelli, pasta ripiena tipica. Certo qui magari non abbiamo i 500 imprenditori e investitori piemontesi ma abbiamo decine di ristoranti piccoli, grandi, medi che fanno ospitalità. Ospitalità Italiana sinonimo di accoglienza curata, amichevole e legata alle tradizioni: un tratto che si esprime attraverso il ricevimento in hotel, al ristorante, dal produttore che sia di vino, di formaggio o di altro. Un campo enorme sul quale non bisogna mai smettere di imparare e adeguarsi alle richieste del visitatore, senza snaturare la propria identità territoriale, al contrario, valorizzarla perché è un innegabile valore aggiunto.

Se l’obiettivo comune è quello di crescere e far crescere la conoscenza della cucina bergamasca, passando per un recupero della sua identità, cosa manca per intraprendere questo cammino? Risorse, tempo, voglia di fare squadra? Chi viene per avere informazioni, italiano o straniero che sia, in uno qualsiasi degli uffici informazioni turistiche chiede non solo la mappa della città ma cosa e dove trovare cibo e vino tipico, per consumarlo ma anche per comprarlo. Le diverse paste, i formaggi, i vini, il Moscato di Scanzo, possono essere un inizio, tanto per stilare un elenco veloce. Certo, in aeroporto (altro grande punto di vantaggio) esiste un bellissimo negozio gestito da VisitBergamo che promuove e vende esattamente questo, oltre a prodotti che arrivano da altre tre province, ma non è sufficiente perché intercetta solo una parte del movimento turistico. Il visitatore arriva in città con una serie di informazioni che ha trovato nel web e sa, perché vi giuro che lo sa, che cosa è la polenta, alcuni addirittura i casoncelli, e li vuole assaggiare perché la curiosità enogastronomia è parte della sua motivazione a viaggiare. E scusate ma questo è un grande aiuto: abbiamo già una forte domanda, cerchiamo di confezionare al meglio l’offerta.

E il vino? Qui nella provincia si stanno recuperando vitigni autoctoni dimenticati da tempo, e di nuovo abbiamo un valore aggiunto. In tante zone d’Italia non è nemmeno pensabile il gustare un piatto tipico senza il vino del luogo, o viceversa. Il recupero di ricette e piatti lasciati in disparte presuppone prima fra tutti la capacità di riprodurli, non industrialmente, di raccontarli e di farli conoscere; da qualche parte bisogna pur iniziare. Anche lo Scarpinocc può diventare un’esperienza, perché no? Facciamo in modo che il turista possa ripartire da Bergamo con la voglia di ritornare per sedersi di nuovo a tavola, ma soprattutto che condivida questo suo desiderio con gli amici.

La conclusione sulle criticità del settore ci viene Massimo Valerio Visintin, critico enogastronomici del Corriere della Sera: quel signore che vedete apparire vestito e mascherato di nero per preservare la propria identità quando si reca da semplice avventore nei locali per valutarli. Visintin non fa mistero dei mali che affliggono il mondo della ristorazione: inserimenti di malaffare, improvvisazione del personale che non si riesce a far crescere tantomeno a fidelizzare; insomma un panorama che non promette bene.

Carne al fuoco ce n’è davvero tantissima, resta solo da mettersi in moto.

per non fare torto a nessuno questi immortalati sono i miei casoncelli…

E’ arrivata la nuova Osterie d’Italia

La Guida

L’edizione 2023 delle Osterie di Italia SlowFood racchiude le recensioni dei 1730 locali visitati, di cui ben 270 hanno la chiocciola, simbolo del bere bene. Presentata localmente ieri in SAPS, il Laboratorio di Cucina di Pentole Agnelli a Bergamo, con la partecipazione congiunta delle tre condotte bergamasche: Valli Orobiche, Bergamo e Bassa Bergamasca. A rappresentare nel corso della cena conviviale le tre anime della provincia, sei portate preparate dai cuochi di altrettanti locali: Ai Burattini di Adrara San Martino, Taverna di Arlecchino a Oneta di San Giovanni Bianco, Polisena l’Altro Agriturismo a Pontida, Trattoria Visconti ad Ambivere, Ristorobie a Cusio Piani dell’Avaro e Gigianca a Bergamo. Si inizia con la Taverna di Arlecchino e l’appetitosa ed equilibrata trota di fiume in agrodolce, delicata e saporita.

Il flan di verdure con fonduta di stracchino e tartufo nero preparato da I Burattini, da amante dei formaggi, l’avrei apprezzato ancora più carico; a seguire Polisena con una minestra fredda di rape principalmente rosse dalla delineante nota acida. Trattoria Visconti e i suoi gnocchi di patate con Strachitunt, nocciola del Piemonte e miele di castagno, dove quest’ultimo caratterizzava molto il piatto. Ristorobie ha preparato una memorabile guancia di maialino al timo serpillo (una qualità di timo che preferisce i terreni aridi e sassosi, la montagna quindi), accompagnata dalla famosa scarola dei colli di Bergamo. Infine il dessert di Giagianca: una torta della tradizione bergamasca: la smaiassa, con farina di mais, uvetta, noci e fichi secchi e, ultimo ma non ultimo, un gelato fiordilatte di capra. I ragazzi dell’Alberghiero di San Pellegrino hanno seguito la sala con abilità e compostezza, sotto l’occhio vigile del docente responsabile. Un servizio di Sala completa quello di cucina; già venticinque anni fa ne scrivevo e ne parlavo, intervistando dirigenti, presidi e responsabili degli istituti alberghieri. Fortunatamente ora molto si sta muovendo in questa direzione: cucina e sala devono essere complementari. Chi ci accoglie, ci racconta del locale e poi ci serve a tavola non è null’altro che il biglietto da visita del luogo dove decidiamo di fermarci a mangiare; non una figura di secondo piano ma un coprotagonista.

la Trota in agrodolce
Flan di verdure
Gli gnocchi
la minestra di rape
Il guancialino
La Smaiassa

BGBS2023: da rivalità a collaborazione

Tanta storia in comune ma, occorre dirlo, Bergamo e Brescia non sono mai state ‘sorelle’. L’antagonismo tra le due città si è espresso sovente in folcloristici insulti o, nella migliore delle ipotesi, in una malcelata disistima.

Sembra invece che l’essere divenute entrambe, almeno questa è l’idea, una unica grande città Capitale della Cultura per l’anno in corso, sia finalmente l’occasione per costruire progetti, scambi e arricchimenti reciproci. Due città diverse, entrambe belle, ricche di opere d’arte, di retaggio storico, di ogni bendidìo in materia di cibo e di vino; cammini diversi che è più che mai opportuno integrare e confondere per creare occasioni di incontro. A questo proponimento hanno lavorato insieme le due organizzazioni di Confcommercio Bergamo e Brescia, portando a termine una serie di progetti unitari che coinvolgono la ristorazione, l’ospitalità alberghiera, gli itinerari turistici ed enogastronomici, la promozione della lettura.

Come? La ristorazione lavorerà a proposte che possano rendere omaggio ad entrambe le cucine tradizionali, ognuna delle quali si contagerà volutamente con un piatto, un vino, un formaggio, una ricetta dell’altra provincia. Non dimentichiamo, infatti, che essere Capitale della Cultura non significa circoscrivere le proposte ai singoli capoluoghi di provincia; gli itinerari turistici e culturali devono essere allargati, fruiti e gustati in lungo e in largo. Dalle malghe dell’alta valle agli allevamenti di pianura, dai vigneti della Valsamartino e della Valcalepio alle colline di Franciacorta, dalle magnifiche pievi della bassa bresciana ai castelli e borghi fortificati della campagna bergamasca. Scambi di piatti e di ricette che saranno affidati all’estro e alla capace intuizione del singolo oste e cuoco, in una benefica e golosa mescolanza. Dagli albergatori, invece, l’efficace utilizzo di un unico portale per le prenotazioni, già esistente, e che si vuole implementare allargando la rete degli esercizi presenti, senza pagamenti per l’adesione alla piattaforma. Anche gli itinerari turistici, studiati per i pacchetti proposti, seguiranno un progetto congiunto mirato a favorire l’incoming, la cui riuscita è affidata a due agenzie: la Brembo Viaggi per Bergamo e Paltours per Brescia. Le associazioni presenti sul territorio bergamasco saranno parte integrante del piano, così come avverrà per la provincia bresciana. Ultimo, ma non ultimo, l’appuntamento con “Libri per sognare”, manifestazione ideata dal gruppo librai e cartolibrai di Ascom Bergamo, la cui settima edizione si estende anche alla scuole di Brescia.

Come sempre ci auguriamo che i professionisti del turismo, come le guide turistiche, quelle specializzate nel settore enogastronomico, così come tutti coloro che accolgono i visitatori nelle cantine o nelle realtà produttive, possano essere attivamente presenti.

Tipicamente Uniche e speriamo anche organizzate

Qualche tempo fa, ma ne scrivo colpevolmente solo ora, sono stata invitata a partecipare ad una serie di giornate di convegno focalizzate sulle Città Creative Unesco, grazie al riconoscimento conferito alla Associazione LeVagabonde, ideata da chi scrive insieme a Frida Tironi nel marzo 2021 con lo scopo di valorizzare siti artistici e culturali, micro realtà produttive di cibo e vino, creando percorsi per tutti con il vantaggio di essere racchiusi in aree dove il trasporto è ridotto al minimo, privilegiando piedi e/o trasporti collettivi, quindi di fatto realmente e concretamente sostenibili. Ma cosa sono le Città Creative UNESCO? Vi riporto quanto scritto nel sito ufficiale: https://www.unesco.beniculturali.it/rete-delle-citta-creative/

La Rete delle Città creative (UNESCO Creative Cities Network) è stata promossa dall’UNESCO a partire dal 2004 per rafforzare la cooperazione fra le città che individuano la cultura e la creatività come fattori fondamentali e imprescindibili per il loro sviluppo in chiave sostenibile, con specifico riferimento a uno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La rete è articolata in sette settori creativi: Artigianato e l’Arte popolare; Cinema; Design; Gastronomia; Letteratura; Musica; Arti digitali. Le città italiane attualmente aderenti alla rete sono undici in sei differenti settori: Bologna (Musica-2006) Torino (Design-2008) Fabriano (Artigianato e Arte popolare-2013) Parma (Gastronomia-2015) Roma (Cinema-2015) Pesaro (Musica-2017) Alba (Gastronomia-2017) Carrara (Artigianato-2017)Milano (Letteratura-2017) Biella (Artigianato-2019) Bergamo (Gastronomia -2019).  Le città italiane hanno costituito un Coordinamento Nazionale delle Città Creative Italiane una rete informale coordinata dalla città di Fabriano, che ha tra i suoi obiettivi quello di rafforzare il ruolo delle città italiane all’interno della rete internazionale, di diventare una piattaforma di riflessione e ricerca nell’ambito delle nuove economie e di favorire la connessione integrata tra cultura, sviluppo economico e turismo, di affermarsi quali punti di riferimento e hub per la creatività a livello nazionale.

Cosa ci fa quindi una città come Bergamo insieme ad Alba e Parma, due indiscusse regine protagoniste della gola a livello mondiale? E’ tutta una questione di latte, caglio e sale: in pratica di formaggio. Da questo punto di vista la provincia di  Bergamo non ha nulla da invidiare a nessun altro luogo: in un’area che va dalle Orobie alla Bassa pianura abbiamo ben 9 DOP: Formai de Mut, Taleggio, Bitto, Grana Padano, Gorgonzola, Quartirolo Lombardo, Provolone Valpadana, Salva Cremasco e Strachitunt. Di fatto una vera e propria Cheese Valley, senza uguali. A questi se ne aggiungono altri come l’Agrì di Valtorta e lo Storico Ribelle, presidi SlowFood. Il motivo del Convegno è “Tipicamente Uniche”, il progetto comune che a partire dal 2023 e per i prossimi tre anni riunirà le tre città in una unica, diffusa destinazione enogastronomica. Una sorta di ‘pacchetto’ che mira a promuovere la cultura dei prodotti tipici delle tre aree, in un unico grande tour che tocchi le diverse zone attrattive, arricchendolo di assaggi, di visite a carattere artistico e culturale, di produzioni viste da vicino. Si inizia da Bergamo, visitando la città, percorrendo Città Alta per arrivare alle Mura Veneziane, da qui si sale nelle Valli: a San Pellegrino ci si ferma per il Liberty e per degustare i primi formaggi DOP della zona, alcuni dei quali perfettamente accompagnati dal Moscato di Scanzo. Alba segue con la dolcezza delle colline dove nasce il Barolo ma non dimentica Rocche, Castelli e chiese romaniche. Terra baciata davvero questa dove, tra vino, tartufi e cucina, ci si perde davvero. Il progetto prevede la chiusura del tour a Parma passando per Zibello e per i caseifici del Parmigiano. Il Castello di Torrechiara è una tappa obbligata così come la visita ai produttori di vino. Ed infine Parma: la città con i suoi capolavori. Le tre Città, inoltre, si accordano per confrontarsi e unirsi, integrandosi di volta in volta in manifestazioni particolarmente significative per i territori ospitanti: Bergamo inizia subito con FORME (INFINITE), grande manifestazione dedicata ai formaggi.

Indubbio che l’idea sia bella e interessante, altrettanto vero è che, dal punto di vista organizzativo, è tutt’altro che fatta e concreta. Creare dei percorsi sulla carta è sempre molto facile, organizzare singole tratte non è troppo complicato. E allora, dove sta l’inghippo? Nel mettere tutto insieme, in modo che funzioni non solo una prima volta ma sempre e sempre con la medesima qualità. E che sia tutto di altissimo livello; non sto parlando di costi, mi riferisco alla minuta pratica quotidiana, alla proposta davvero diversa, quella che ti fa scegliere un percorso del genere, venduto a 1299 euro per persona per una settimana, trasporti e vini esclusi. Non desidero essere sterilmente polemica, mi occupo di accoglienza turistica, anche enogastronomica, dal 1986: so cosa significa l’intoppo dell’ultimo minuto e il dover aver sempre presente e pronto un piano B. Vendere all’estero un pacchetto simile significa appianare ogni minimo problema legato al trasporto e alla lingua, tanto per iniziare. Non conosco la realtà piemontese o quella di Parma, certo è che vino, formaggi e salumi non si producono in centro città. Bergamo più fortunata come collegamenti? Sì, grazie all’aeroporto che con i nuovi collegamenti da e per Fiumicino ci aprono un mondo di flussi turistici. Ma dovendosi muovere in provincia iniziano le difficoltà.

E’ un augurio quello mi faccio: che, finalmente, la differenza in progetto così complesso ed interessante la facciano davvero le persone e la professionalità, l’unica qualità che serve per iniziare.

Valle Camonica di pietra, di arte, di cibo e di vino

Siete tra i tanti che semplicemente la attraversano per salire più su, verso Ponte di Legno e l’Adamello? Allora è tempo che vi fermiate lungo la via, per conoscere una Valle Camonica che non è solo un procedere veloce lungo il fiume Oglio o il patrimonio Unesco delle Incisioni Rupestri.  Percorrendo la Valle la prima caratteristica che salta agli occhi è la posizione degli insediamenti  e degli antichi nuclei abitativi. Non  lungo il fiume ma a mezza costa, a catturare senza esserne travolti la forza dell’acqua, come succedeva per i mulini di Bienno: il Mulino Museo è ancora attivo  grazie a Francesca, la Mugnaia; potete visitarlo, vedere le antiche macine funzionare imprigionando le  impetuose acque nella grande ruota esterna. Consiglio di comprarne le farine: la Mugnaia vi suggerirà la macinatura migliore per la vostra ricetta ( io le ho acquistate tutte, ma è la deformazione viziata dal pensare subito al piatto da abbinare). Bienno è un gioiellino a metà dell’intera vallata: case in pietra, vicoli stretti di montagna una naturale vocazione museale, la definizione Borgo degli Artisti (oltre ad essere Bandiera Arancione e uno dei Borghi più belli d’Italia) lo rendono un esempio straordinario di condivisione moderna del passato. Da non perdere il Maglio della Fucina Museo, la cui potenza viene dal Vaso Re, un canale esistente già dal 950 dove è imbrigliata una parte del Torrente Grigna. Una visita al territorio non si può dire completa se non se ne apprezza la cucina: i casoncelli, diverse ma non antagonisti dei bergamaschi, la cacciagione con la polenta, i formaggi stagionati e non, e il dolce tipico la  spongada sono da assaggiare senza meno. Prima di sedervi a tavola però andate a salutare l’instancabile Signora Franca, titolare del Bar Antico, luogo senza tempo; sospeso tra fòrmica, affreschi e calici di bianco, dove a separare l’abitazione dal bar c’è solo una vecchia stufa in ceramica. Il Medioevo ha lasciato in Valle delle autentiche meraviglie: la mia preferita in assoluto è la Pieve romanica di San Siro. Siamo a Cemmo, una frazione di Capo di Ponte. La costruzione si alza su uno sperone a strapiombo sul fiume ed è priva di facciata. La si raggiunge con una breve scalinata e si presenta col meraviglioso portale di ingresso laterale a sud, ricco di figure zoomorfe, tralci e  numerosi esempi di animali fantastici. Spoglia ma estremamente suggestiva conserva affreschi databili intono ai secoli XV e XI,  tra cui una Madonna in Trono quasi perfettamente conservata. Lo stupore per Chiese, Pievi e affreschi presenti in questa area può essere alimentato  e nutrito da una sequenza incredibile: cominciamo con  il Monastero Cluniacense di San Salvatore, sempre a Capo di Ponte.  Una struttura di pietra squadrata risalente al X secolo che all’interno conserva capitelli di pregiata fattura. L’accesso è attraverso un giardino curatissimo e silenzioso; insieme al panorama sulle vette  infonde subito un senso di pace.  Affreschi, cappelle, oratori: c’è solo da scegliere quale deviazione fare  per godere di tanta bellezza: la Via Crucis lignea delle Capèle di Cerveno, adiacente la Chiesa di San Martino, 14 stazioni con 198 statue a grandezza naturale, commissionata nel 1752 a Simoni, un allievo del Fantoni.  Sempre in San Martino da non perdere l’attiguo Oratorio della Madonna del Crimine: la figura di Cristo Lux Mundi, circondato da evangelisti, padri della Chiesa e Santi, domina la volta blu: raccolto e potente al tempo stesso. Con la Chiesa di Sant’Antonio a Breno entriamo nel mondo del Romanino: all’esterno non si percepisce l’ampiezza del luogo: una navata unica e un grande presbiterio interamente affrescato. La complessità dei dipinti è in qualche punto mancante o rovinata ma  non toglie minimamente suggestione allo sguardo. Seguendo il filo degli affreschi valgono senza meno una visita  Santa Maria Assunta ad Esine e San Lorenzo a Berzo Inferiore. Diverse per collocazione hanno però  in comune la mano dell’artista che ne affrescò le pareti, quel  Giovanni Pietro da Cemmo che nelle sue ultime opere esprime l’influenza di Vincenzo Foppa e Bramante.  Le pareti dipinte di Santa Maria Assunta fondono Storie di Salvezza e immagini di devozione popolare, con un presbiterio dominato da un Cristo Pantocrate di dimensioni notevoli.  La Pieve di San Lorenzo, di origine quattrocentesca e costruita a strapiombo sull’abitato,  conserva numerose storie di Santi, in particolare quelle inerenti la vita e il martirio del Santo. L’ultimo, ma non  minore, suggerimento per rimanere fedele al motto di Ospiti A Tavola – cibo per gli occhi, la mente e il palato:  il vino.  Interessante il recupero di terreni abbandonati  fatto da alcuni produttori camuni; quando il richiamo dell’industria bresciana si fece importante molti lasciarono perdere i campi per trasferirsi in città. Ora si assiste non solo al viaggio contrario ma anche alla produzione di ottimi vini: rossi da vitigni  Cabernet Franc e Sauvignon, Merlot e Marzemino, bianchi fermi da Muller in prevalenza e spumantizzati da Chardonnay. Purtroppo solo il  tempo di visitare due cantine ma ve le segnalo, perchè rappresentative: Monchieri e Bignotti Cultivar delle Volte. C’è ancora molto altro da vedere e provare, tutta la Valle ha una grande ricchezza di arte: ho lasciato per una prossima escursione le vie ciclabili,  i castelli e le aree archeologiche  circoscritte non solo alle incisioni rupestri, sempre oggetto di studio. Per ogni informazione fate riferimento al Consorzio DMO vi lascio il link; le ragazze sono gentili e preparatissime, così come le guide specializzate sulla zona.

Info:

http://www.turismovallecamonica.it/it/content/consorzio-dmo-valle-camonica

http://www.turismovallecamonica.it/

I PROFESSIONISTI DEL MONDO DEL VINO A BERGAMO, VINO EN PRIMEUR

L’Azienda Agricola Le Corne di Grumello del Monte ha ospitato la quarta edizione di ‘Bergamo, vino en primeur’una manifestazione nata dalla voglia di un gruppo di produttori vinicoli bergamaschi di mettersi in gioco e confrontarsi con un pubblico di settore.

L’evento, solo su invito e con accredito, ha visto la partecipazione di tutti quei professionisti legati al mondo del vino: distributori, buyer, ristoratori, titolari di enoteche, sommelier e degustatori, giudici di concorsi internazionali e stampa specializzata.  Il focus era il vino: la degustazione en primeur, nata in Francia, consiste nell’assaggiare il prodotto dell’ultima vendemmia per comprendere e valutare il vino che verrà. Senza dubbio un taglio tecnico e, al tempo stesso, didattico; utile per iniziare a capire l’evoluzione del vino, importante per avere indicazioni sul lungo percorso da fare prima di arrivare all’imbottigliamento e alla commercializzazione. Dodici aziende, Caminella-Le Corne-La Collina-Tenuta Castello di Grumello-Tenuta Le Mojole-La Rocchetta-Valba-Pecis-Tenuta Casa Virginia-Tosca-Eligio Magri e Sant’Egidio, come per le passate edizioni, dodici terreni ed esposizioni differenti a rappresentare quella magnifica fascia collinare che va dall’Adda all’Oglio. Una terra, quella della provincia di Bergamo, che non produce solo il classico taglio bordolese: ottimi i vini bianchi frutto di vari vitigni, gli spumanti, i vitigni autoctoni come il Franconia o la Merera in purezza di cui l’unico produttore è la Tenuta Castello di Grumello col suo Brolo dei Guelfi.

Come per le passate edizioni, una personalità del mondo del vino ha introdotto la degustazione: il prof. Luigi Moio, uno dei massimi esperti di Enologia, ordinario all’Università di Napoli e autore del bellissimo volume Il Respiro del Vino. Il prof. Moio ha posto l’accento sull’importanza del 45 parallelo, al nord e al sud del quale nascono i più grandi vini, bianchi e rossi: è il parallelo che attraversa anche l’area vinicola della provincia di Bergamo, non solo la regione di Bordeaux.  L’importanza di scegliere quale modello di vino fare (ricordiamo che nella zona bergamasca i vitigni internazionali più presenti sono il Cabernet Sauvignon e il Merlot), la capacità di capire il territorio, come piantare, come equilibrare due varietà così diverse dal punto di vista delle molecole: ogni aspetto è importante e fondamentale per produrre un ottimo vino. Evidenziare e far riconoscere l’identità di un vino per rendere immediatamente distinguibile un territorio è la chiave per diffondere le aree vitivinicole meno note ma non meno interessanti. I giornalisti e i professionisti di settore invitati ad incontrare i produttori hanno piacevolmente scoperto e riscoperto una fascia collinare, a due passi da Milano, ricca di proposte, di storia e bella da vivere, dove la qualità della produzione è in continua crescita.

Il vino affascina, coinvolge e il territorio di Bergamo ha potenzialità straordinarie ma fino ad ora non ancora colte e impiegate come dovrebbe, da qui molti gli spunti per intraprendere azioni più incisive.

Non solo vino a ‘Bergamo, vino en primeur’, la manifestazione è nata e resta profondamente radicata sul territorio: ad accompagnare la degustazione i grandi salumi di Podere Montizzolo, azienda con sede a Caravaggio e CasArrigoni con i formidabili formaggi della Valtaleggio. La bellezza del luogo e della sua natura, la piacevolezza del clima hanno fatto dell’evento un appuntamento da non perdere per le prossime edizioni.

Le foto della manifestazione sono state scattate da FOTO CORINI Grumello del Monte.